Questa maggior libertà nel concepire il ruolo della coppia, anche nelle sue diverse forme, aiuta molti, specie gli uomini, a dover superare certe ansie da prestazione e certi interrogativi sui perché della mancanza di stimoli verso il sesso come la tradizione del “maschio italiano” detterebbe
L’altro giorno durante un viaggio in auto, mi è capitato di ascoltare l’interessante trasmissione radiofonica “Il piacere del dubbio” condotta dal bravo Gianluca Nicoletti. Il tema della puntata era “Basta sesso” incentrato sul calo dell’attività sessuale degli italiani. Un fenomeno probabilmente più generale e non circoscritto al nostro Bel Paese.
L’altro giorno durante un viaggio in auto, mi è capitato di ascoltare l’interessante trasmissione radiofonica “Il piacere del dubbio” condotta dal bravo Gianluca Nicoletti. Il tema della puntata era “Basta sesso” incentrato sul calo dell’attività sessuale degli italiani. Un fenomeno probabilmente più generale e non circoscritto al nostro Bel Paese.
Gli interventi dei telespettatori, di taglio culturale medio alto, sono stati quasi tutti interessanti. Alcuni spiegavano il fenomeno con lo stress a cui siamo sottoposti con una vita quotidiana sempre più frenetica, altri con un appagamento emozionale con forme diverse di affettività, come l’amicizia. Tutto vero. Ma un’istintiva riflessione mi ha portata a intravedere una spiegazione diversa, o complementare, che ha a che fare con l’evoluzione dell’essere umano e del suo progresso civile.
Una possibile spiegazione che vede, nel calo dell’attività sessuale, non una perdita di qualcosa ma un cambiamento delle necessità degli uomini e delle donne legato al progresso sociale. Sappiamo tutti che la sessualità in natura ha come unico scopo quello della continuazione della specie. Di fatto le coppie si formano per riprodursi. È sempre stato così.
L’altro giorno durante un viaggio in auto, mi è capitato di ascoltare l’interessante trasmissione radiofonica “Il piacere del dubbio” condotta dal bravo Gianluca Nicoletti. Il tema della puntata era “Basta sesso” incentrato sul calo dell’attività sessuale degli italiani. Un fenomeno probabilmente più generale e non circoscritto al nostro Bel Paese.
Gli interventi dei telespettatori, di taglio culturale medio alto, sono stati quasi tutti interessanti. Alcuni spiegavano il fenomeno con lo stress a cui siamo sottoposti con una vita quotidiana sempre più frenetica, altri con un appagamento emozionale con forme diverse di affettività, come l’amicizia. Tutto vero. Ma un’istintiva riflessione mi ha portata a intravedere una spiegazione diversa, o complementare, che ha a che fare con l’evoluzione dell’essere umano e del suo progresso civile.
Una possibile spiegazione che vede, nel calo dell’attività sessuale, non una perdita di qualcosa ma un cambiamento delle necessità degli uomini e delle donne legato al progresso sociale. Sappiamo tutti che la sessualità in natura ha come unico scopo quello della continuazione della specie. Di fatto le coppie si formano per riprodursi. È sempre stato così.
Se pensiamo che fino a poco tempo fa, molti matrimoni venivano considerati nulli in mancanza di figli, confermiamo la legge per cui le coppie si basano sull’avere figli. Ma negli ultimi anni qualcosa è cambiato. Le coppie, eterosessuali o omosessuali, si formano sempre più per una condivisione della vita, anche senza progetti che includano figli. Questo non significa che il sesso perda significato all’interno di una coppia, ma certamente perde il ruolo di caposaldo all’interno di una coppia, diventando una delle diverse espressioni di amore fra due persone che condividono un progetto di vita ben più ampio di quello di “formare una famiglia”.
Dunque una naturale evoluzione, anche fisiologica, e non una perdita di qualcosa, che vede un riposizionamento di ruoli e progetti. In conclusione, nulla da preoccuparsi.
Anzi, forse questa maggior libertà nel concepire il ruolo della coppia, anche nelle sue diverse forme, aiuta molti, specie gli uomini, a dover superare certe ansie da prestazione e certi interrogativi sui perché della mancanza di stimoli verso il sesso come la tradizione del “maschio italiano” detterebbe. Nessun mistero, nessun handicap… semmai una maturazione nel concepire l’amore fra due persone in uno spettro relazionale affettivo ben più ampio, ricco e appagante.
In questi giorni il Parlamento ha ripreso la discussione sulla legge sull’eutanasia. Intanto è bene sapere che l’eutanasia in Italia è già legale con la sentenza della Corte Costituzionale, ma occorre una legge che la renda applicabile. E cosi il Parlamento è stato costretto a portare in aula una legge che non avrebbe mai voluto portare, pensando bene però di farla in modo peggiorativo rispetto alle indicazioni della Corte. Va sempre precisato che l’eutanasia si applica solo a casi terminali con gravi sofferenze e dunque nulla ha a che fare con l’arbitraria volontà di suicidarsi.
In questi giorni il Parlamento ha ripreso la discussione sulla legge sull’eutanasia. Intanto è bene sapere che l’eutanasia in Italia è già legale con la sentenza della Corte Costituzionale, ma occorre una legge che la renda applicabile. E cosi il Parlamento è stato costretto a portare in aula una legge che non avrebbe mai voluto portare, pensando bene però di farla in modo peggiorativo rispetto alle indicazioni della Corte. Va sempre precisato che l’eutanasia si applica solo a casi terminali con gravi sofferenze e dunque nulla ha a che fare con l’arbitraria volontà di suicidarsi.
Ma con l’attuale legge in discussione, un malato terminale di cancro, non avendo impedimenti di mobilità fisica, non potrebbe accedere all’eutanasia. Una discriminazione inaccettabile. Altro punto negativo è l’assenza di termini entro i quali il Sistema sanitario deve dare una risposta. Anche questo è inaccettabile perché lascerebbe discrezionalità ad ogni ASL di rispondere o meno in tempi utili. Infine questa discussione improvvisa in aula potrebbe essere il tentativo di indurre la Corte Costituzionale a credere che il Parlamento stia provvedendo alla legge e dunque rinvii il Referendum. Difficile da pensare, visto che il referendum riguarda l’abrogazione in parte di un articolo del codice penale.
Ma qualcuno ha detto, ed è bene ricordarlo, che “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”. Ma resto fiduciosa e sono certa che la Corte sappia ben riconoscere gli specchietti per le allodole e dia la possibilità ai cittadini di esprimersi con il referendum. Resta il fatto che la legge in discussione in Parlamento è un arretramento enorme, con l’intenzione chiara di render vana la sentenza della Corte che invece va rispettata. Purtroppo è la triste conseguenza di un Paese che si dichiara laico ma non lo è. Mi auguro che, con i necessari emendamenti, si arrivi ad una legge giusta, rispettosa dei diritti fondamentali dell’uomo.
Giornata della memoria 2021. Serve a ciascuno di noi, serve a tutti noi insieme
Non avevo bisogno di visitare Auschwitz o Dachau per capire cos’è l’orrore. Ma ho sempre sentito dentro di me, fin da bambina, la necessità di vedere quei luoghi, respirare quell’aria, sentirne l’odore.
E così ho fatto, a tappe. Visitare quei luoghi, specialmente Birkenau, mi ha fatto scoprire una cosa nuova: mi ha resa consapevole dell’enormità dell’orrore. Spesso pensiamo al male come qualcosa di nascosto nel buio profondo, qualcosa di isolato, una deviazione.
Invece a Birkenau il male domina lo spazio. Il male ha vissuto alla luce del sole, come se fosse la normalità in una distesa infinita, spesso ricoperta di neve. L’orrore in una distesa di bianco immacolato.
Oggi è il giorno della memoria. La mente umana per natura tende a dimenticare. In particolare modo tende a dimenticare ciò che non serve alla propria individuale sopravvivenza. E dunque spesso le commemorazioni sono vissute come una forzatura dell’uomo evoluto. Per capire che il male è sempre lì davanti ai nostri occhi, nascosto o disteso su una coltre bianca infinita, occorre essere vigili, sempre.
Ecco perché il giorno della Memoria non può essere una semplice commemorazione. Serve a ciascuno di noi, serve a tutti noi insieme.
Ascoltare le testimonianze come quella di Sami Modiano, che più di tutti mi ha colpita, è un insegnamento di vita che non può essere trascurato. Quando il padre di Sami, prima di lasciarsi andare nel campo di Auschwitz, ha detto a Sami “Tu ce la devi fare”, gli ha di fatto consegnato una missione, quasi impossibile, e Sami, da solo a soli 14 anni, ce l’ha fatta.
Sami Modiano ha poi dedicato la sua vita agli altri, consegnando a tutti noi una sola, decisamente più semplice missione: quella di non dimenticare.
Poca cosa in confronto alla sua. Tutti insieme, possiamo, dobbiamo farlo.
Occorre uno sforzo vero, tramite un’educazione quotidiana dalla scuola fino ai media per tutti, non solo giovani. Uno sforzo enorme di cui in primis lo Stato deve farsi carico
Mi pare che a ogni ricorrenza della giornata contro la violenza sulle donne, non si registri una minima riduzione di questo fenomeno, ancor più se si guarda ai femminicidi. L’attenzione è sicuramente più alta. I mezzi di informazione, dalle tv alla carta stampata, fino ai social, sono pieni di messaggi di condanna alla violenza sulle donne.
Ma non è cambiato nulla. E se nulla è cambiato, significa che qualcosa, molto più che qualcosa, non ha funzionato e non funziona. Dunque condannare non basta. Condannare la violenza è quasi una banalità. Altra cosa è capire e cambiare ciò che non funziona. E la radice di quel che non funziona è la cultura maschilista e patriarcale ancora diffusa alle basi dell’ossatura sociale del paese che è costituita in primis dalle famiglie.
Come prima cosa dunque occorre prenderne atto davvero, non solo ponendo l’attenzione sulle violenze fisiche che sono solo l’apice, il gesto estremo di un comportamento che scaturisce da una concezione sbagliata del ruolo della donna. Un comportamento che striscia pericolosamente ogni giorno sotto i nostri occhi in migliaia di atteggiamenti sbagliati, anche senza violenza fisica.
Comportamenti, usi e costumi apparentemente privi di significato, che invece celano il germe che poi sfocia nella violenza quando la donna tenta di svincolarsi dai ruoli prefissati non solo da molti uomini ma anche dalle stesse famiglie. Ci deve far paura e dunque riflettere se uno degli ultimi femminicidi è stato per mano del figlio di una vittima di femminicidio. Quell’uomo invece di tradurre la sua sofferenza per la perdita della madre, ha perseguito l’idea della punizione quando una donna non obbedisce alle richieste dell’uomo che la tratta come un oggetto di appartenenza.
Così come ci deve far paura e dunque riflettere se la statistica rivela che gli assassini di tante donne sono sempre più giovani. Significa che la cultura patriarcale non è stata per nulla scalfita. Significa che molti giovani uomini traducono le loro fragilità nell’affrontare un futuro incerto in odio e rabbia che trovano sfogo sulle donne della loro vita che non li proteggono più come il ruolo patriarcale prevederebbe. Occorre dunque uno sforzo vero, tramite un’educazione quotidiana dalla scuola fino ai media per tutti, non solo giovani. Uno sforzo enorme di cui in primis lo Stato deve farsi carico, con serietà e responsabilità.
XFactor ci mostra una realtà che è più avanti di quanto riusciamo a vedere. Un cambiamento che fatichiamo ad accettare
X Factor non è solo uno show televisivo di artisti musicali di grande talento. È anche un palcoscenico, specchio della realtà che ci circonda e che spesso facciamo finta di non vedere.
Di Erio si sa poco e forse proprio qui sta la sua forza e il segreto del suo messaggio. Un cantante e musicista di raro talento, con una voce quasi femminile in un corpo maschile. Uno sguardo forte, sicuro sfumato da un trucco che sembra un’opera d’arte di un fine pittore. Bei tratti maschili, ben marcati e non nascosti, ma aggraziati da un abbigliamento scenico, un po’ femminile, un po’ da artista circense, un po’ da Drag Queen.
C’è un po’ di tutto in Erio, senza enfatizzare qualcosa di particolare. L’immagine perfetta dell’indefinito, della transizione che sta attraversando la nostra epoca. Una transizione non solo energetica, economica, sociale ma anche psicologica, persino fisica. Ecco che i giovani di X Factor ci mostrano una realtà che è più avanti di quanto riusciamo a vedere. Un cambiamento che fatichiamo ad accettare.
Tutto normale perché resistere alle spinte di cambiamento rientra nell’istinto di tutti gli esseri viventi. Forse si potrà rallentare o accelerare, ma nulla fermerà il cambiamento in atto. Quando parliamo di genere infatti, dobbiamo considerare che la natura umana e il progresso che noi stessi cerchiamo per migliorare la nostra vita, è in continua evoluzione, conducendo anche ad un cambiamento antropologico che non si arresterà, almeno fino a quando altre forze che vanno ben oltre le nostre previsioni, riporteranno tutto all’inizio della storia degli esseri viventi e non sappiamo in che modo si evolverà. Ciò che conta oggi è capire i cambiamenti in atto con una visione positiva, in chiave di miglioramento della vita umana e delle sue aspettative”.